giovedì 24 gennaio 2013

Formazione e Formatori

Prima di esprimere il mio pensiero inizio col dire che sono anche io una formatrice. Mi occupo di varie cose e una di queste e’ la formazione per italiani e americani.
Ho acquisito tecniche e strumenti vari da alcuni dei grandi in questo campo, in Italia, Europa e USA.  A tutto questo, pero' ci ho aggiunto qualcosa di mio, di personale: Semplificazione, Umanita' e Cuore.
Il panorama dei formatori si e' allargato enormemente negli ultimi 10 anni. Ovviamente, molti la considerano anche una possibilita' per lavorare, far carriera e ottenere guadagni. Ci sono quelli che hanno studiato e lavorato duramente per ottenere risultati  e altri che si sono improvvisati.
La mia prima raccomandazione, quindi, e' di stare molto attenti e cercare di comprendere in quail mani vi state affidando.

Le prime regole per poter offrire una buona formazione sono queste:

-         Conoscere a fondo la materia che si va a presentare
-         Essere in grado di parlare in pubblico (background in public speaking e comunicazione verbale e non verbale)
-         Essere in grado di gestire un’audience (domande, momenti di crisi, stanchezza)
-         Time management  (gestire il tempo per ogni argomento, pause, etc)
-         Audience analysis: L’abilita' di rendersi conto, attraverso domande e diretta osservazione, del  tipo di persone che abbiamo in aula.
-         Essere un Comunicatore efficace. Vale a dire che la presentazione deve essere varia, contenere un buon numero di esempi e di storie. Bisogna essere in grado di tenere l’attenzione e soprattutto essere abile, con degli ancoraggi specifici, a fissare dei concetti nella mente dei partecipanti. Sappiamo che il nostro cervello puo' contenere un numero molto ristretto di informazioni, da 5 a 9, dopodiche’ si distrae e non riesce a seguire o ricordare tutto il resto.

Fatte queste premesse, vorrei ora spendere due parole sulla Formazione.
Ci sono quelli che da anni non si perdono un corso. Ne hanno fatti decine ma, ahime', non sono migliorati molto. Come mai? La risposta e' questa: Non basta fare corsi di formazione per migliorarsi la vita, BISOGNA PRATICARE TANTO E APPROPRIARSI DEGLI STRUMENTI!
Per esempio…facciamo che volete diventare uno chef e vi iscrivete a dozzine di corsi di cucina. Spiegazioni su spiegazioni, trucchi, ricette, suggerimenti. Tornate a casa, vi rileggete gli appunti ma non cominciate mai a mettere le pentole sul fuoco ed ad imparare a fare le cose che sono li sul foglio. Dopo anni sarete un cuoco eccezionale? Noooo, sarete solo uno che ha frequentato dei corsi di cucina.
FARE UN CORSO DI FORMAZIONE NON VI CAMBIA LA VITA, imparare a usare gli strumenti che vi vengono mostrati, puo' aiutarvi a farlo.
Allora, il consiglio che vi do, che probabilmente e' anche nel mio ultimo libro “Prima di Chiedere Aiuto a Dio, consulta un counselor o almeno Leggi questo Libro", e' questo: Prendete un solo strumento, una sola tecnica e praticatela fin quando ve ne sarete impadroniti.
Potrebbe essere la meditazione, la respirazione, la comunicazione, il pensiero positivo o altro. Piuttosto che essere competenti in una marea di nozioni, siate bravi in qualcosa che vi puo' essere utile. Comprate una cassetta con 70 attrezzi e non sapete usare neanche un giravite…a cosa serve?
Ultima raccomandazione o suggerimento. Volete farvi del bene? Volete star meglio? Attraversate un momento di crisi? Prendete atto di questo, non ignorate questo vostro disagio e, prima della formazione, affidatevi a un Life Coach o a un bravo Counselor. Fate un piccolo percorso personale. Vi verranno in ogni caso passati degli strumenti importanti e imparerete a usarli subito. Io lavoro sia come formatrice che come Life Coach e Counselor ed e’ proprio per questo che mi permetto di esprimere la mia opinione. I risultati piu' grandi e importanti che ho avuto sono stati proprio negli incontri personalizzati di Coaching/Counseling. A volte in solo 4 o 5 sessioni ho notato grossi cambiamenti nelle persone ma soprattutto DURATURI.
Nella formazine ho visto persone entusiaste, prendere coscienza e consapevolezza di molte cose ma, dopo qualche giorno, se non segue un impegno nel mettersi a lavorare…tutto o quasi svanisce nel nulla.
Ricapitolando! Date una svolta alla vostra vita, prendetevi cura di Voi.
Se scegliete un corso di formazione, un seminario, non date i vostri soldi e tempo a persone che si improvvisano. Ho notato questa tendenza anche in Facebook ove, individui che non hanno alcuna esperienza come formatori, scelgono una materia o un soggetto di facile presa  e propongono seminari per cercare facili guadagni.
Una volta scelto il seminario e il formatore giusto, fate pratica..pratica…tanta pratica.
Se invece volete un lavoro piu’ personalizzato, su di voi, sceglete il Life Coaching o Counseling.

Prendetevi la responsabilita’, non procrastinate, fatelo oggi. Questi sono strumenti che hanno cambiato la mia Vita e quella di molti altri.
Non arrendetevi a una vita mediocre.
Con Amore,

Tiz Maverick

mercoledì 16 gennaio 2013

Attacchi di Panico - Web article

Attacchi di Panico

attacchi di panicoLa descrizione di un attacco di panico da parte di un paziente di ogni età, segue un modello costante: “Mi sento morire…mi manca l’aria…il cuore batte all’impazzata…ho paura di perdere il controllo…chi non l’ha provato non può capire quanto si soffra”. L’attacco di panico è fondamentalmente la paura di aver paura, la paura di morire, la paura di impazzire. Chi ne soffre, tende ad associare e a spiegare il panico con il luogo e le condizioni in cui questo si verifica: “ero in macchina, da allora ho paura di guidare …ho bevuto un bicchiere di acqua fredda, si è bloccata la digestione e sono andata al pronto soccorso ma non avevo nulla, mi hanno fatto una puntura di Valium, da allora bevo solo acqua tiepida anche se ogni volta mi sale l’ansia”. Le condizioni possono essere molto diverse tra loro, anche se spesso l’attacco di panico si manifesta quando il paziente si sente costretto in una certa situazione come un mezzo di trasporto, la metropolitana, l’aereo, la macchina, o situazioni che sembrano costringere in una posizione senza via di uscita come il cinema, un ingorgo o, al contrario, in ambienti aperti in cui ci si sente persi e senza punti di riferimento. Per il paziente, l’associazione dell’attacco di panico e l’ambiente in cui questo si manifesta, diventa quasi un fatto magico. Infatti, evitando il luogo o la situazione in cui si è sentito male, egli cerca di controllare e di allontanare la paura della paura: “ se evito di guidare, non mi accadrà nulla, se non andrò al cinema non proverò ansia”. E’ lo stesso meccanismo della superstizione quando si attribuisce ad un numero, ad una certa circostanza, ad un colore, un’influenza negativa. Il vantaggio è che evitando la situazione carica di negatività, si ha l’illusione di allontanare la sfortuna. La difesa fobica, inizialmente, sembra funzionare in quanto la persona vive l’illusione di poter controllare il problema evitando alcune isolate situazioni. Purtroppo l’iniziale sollievo ha breve durata, infatti, progressivamente aumentano le situazioni “pericolose” fino  a limitare in maniera significativa la vita della persona che può, in alcuni casi, giungere a chiudersi in casa per evitare incontri sociali. Tutto diventa difficile, anche le azioni più semplici come recarsi al lavoro, incontrare gli amici, fare una passeggiata. La paura di avere paura, restringe il raggio d’azione fino ai minimi termini e anche se la persona si costringe ad uscire, lavorare, affrontare un viaggio, tutto è vissuto con grande fatica ed angoscia rovinando il piacere di vivere la quotidianità. Apparentemente il paziente partecipa ad una riunione di lavoro o guarda un film ma in realtà è immerso in un proprio mondo parallelo che solo lui conosce in cui si ripete mentalmente una serie di “mantra negativi” del tipo. “ mi sento male, ho paura, mi scoppia il cuore, mi verrà un infarto, appena termina il film tornerò subito a casa, dov’è l’ospedale più vicino, chi mi può aiutare”. Se riesce a contenere l’ansia, la persona si sentirà male ma cercherà di nascondere la sua condizione, altrimenti l’angoscia lo prenderà alla gola e allora il mostro chiamato “paura di aver paura” lo costringerà a lasciare la sala cinematografica o la riunione di lavoro. Apparentemente la persona in preda a questo tipo di angoscia, partecipa alla situazione che sta vivendo ma in realtà è separato dall’esterno da un vetro trasparente su cui scivolano le emozioni e le sensazioni come gocce d’acqua su una superficie impermeabile. Egli non ascolta nulla, non gli arriva il calore o la vivacità dell’ambiente esterno, è solo, completamente isolato, anche se circondato da persone che provano affetto verso di lui ma non lo può percepire in quanto saturo dei suoi mantra negativi. L’aspetto fisico della persona in preda a questa angoscia senza nome, è proprio quella di qualcuno che è attanagliato da potenti artigli alla gola e si sente morire, impazzire, andare in pezzi. E’ una sensazione tremenda ma anche innocua, è proprio questo il paradosso, non c’è nessun pericolo il paziente non morirà e non sarà aggredito da nessun mostro verde con gli artigli affilati. Il paradosso è che non ci sono pericoli per la salute o per l’incolumità della persona, eppure questa soffre atrocemente come mai nella sua vita.

Di cosa soffre la vittima dell'attacco di panico?

attacco di panico Ma è semplice, soffre dei propri pensieri e delle proprie fantasie, non è colpa del caldo o del freddo, della presenza o dell’assenza fisica degli altri. Soffre dei propri pensieri senza parole che egli stesso non conosce e che non sospetta neanche di pensare. I pensieri senza pensatore, come direbbe Bion, si aggirano intorno alla persona che ignora se stessa e si trasformano in sensazione fisica, in pericoli straordinari come felini dai denti affilati che azzannano senza pietà. Raccogliendo la storia di questi pazienti, è tipico come raccontino eventi, esperienze difficili e traumatiche della loro vita, con assoluta leggerezza come se non fossero fatti che li riguardino direttamente e spesso non riescono ad associare la situazione vissuta con l’attacco di panico. “Io ho sempre guidato, mi piace guidare, non avevo nessun pensiero”. E’ proprio l’assenza del pensiero che scatena l’attacco, il poter riconoscere l’emozione disturbante, può diventare la chiave per liberare dalla paura del mostro verde. E’ la stessa situazione di un bambino che ha paura del buio disteso nel suo lettino e vede allungarsi le ombre dei mobili della sua stanza e dei suoi stessi giocattoli, egli ha molta paura ma è sufficiente la voce della mamma per tranquillizzarlo. La luce accanto al letto può illuminare i mostri nascosti nell’ombra che scompaiono per magia al contatto con la luce. Anche il mostro verde della paura di aver paura, può scomparire facendo luce, una luce che scalda e che consola e che accoglie il bambino spaventato che l’adulto nasconde dentro di se. E’ la pretesa dell’adulto di controllare tutto, l’illusione di essere “duro” e “forte”, ossia senza emozioni, ad allontanarlo dal dialogo interno con il bambino che è in lui e questo bambino rischia di sentirsi sempre più solo e disperato se non viene accolto ed ascoltato. Chi soffre di attacchi di panico, vive in un mondo fobico, pieno di divieti, obblighi, percorsi già fissati che vengono vissuti come immutabili. Ci si sente prigionieri di una realtà che non piace e non appartiene ma di cui non si può farne a meno perché altrimenti ci si sentirebbe persi e spaesati senza possibilità di ritrovarsi. Non si può fare a meno della protezione della prigione ma questa è intollerabile. I rapporti affettivi sono vissuti come invischianti ma assolutamente necessari per la sua stessa sopravvivenza. Parafrasando Racamier si potrebbe dire “Né con te, né senza di te”. Un paradosso, che in quanto tale, è irrisolvibile. Il conflitto non viene esplicitato con le parole ma vissuto sul piano somatico con l’attacco di panico che come un nostro verde, prende alla gola. Come addomesticare il mostro verde? Per fare luce è necessario prima abbassare ogni luce. Fare buio, abituarsi al chiaroscuro, dare un nome alle ombre, avvicinare le paure dargli una forma, un oggetto, un luogo di incontro. Esplorare un paesaggio sconosciuto, un bosco buio dove ritrovare il bambino perduto con l’aiuto dello psicoterapeuta che mastica i pensieri, le emozioni e le sensazioni, traducendole ed offrendola all’adulto in preda al panico. Chi vive il panico, tende a percepire il mondo interno come concreto, il pensiero è semplice e lineare, ciò che si vede è l’unica realtà. Le parole rappresentano il ponte che può riavvicinare la persona alle sue emozioni e sensazioni.

domenica 6 gennaio 2013

Le Relazioni e il Virtual World

Siamo in  un momento storico dove il virtuale, che era stato progettato per essere di supporto al reale,  invece ha finito quasi per sostituirlo. Prima le chat, poi Facebook e gli altri social network.  L'intenzione era buona e sana: quella di dare l'opportunità alle persone di allargare il giro di conoscenze e facilitare i rapporti sociali. Noi umani, però, siamo diabolici e abbiamo finito col manipolare il tutto o con il non comprendere bene il vero scopo di questi 'supporti'. Ecco che orde di maschi allupati si sfregano le mani e si avventano su facili prede. Ecco timidi e insicuri rimanere prigionieri di una tastiera senza mai avere il coraggio di presentarsi 'live' ai vari contatti acquisiti. Ecco donne in cerca del Principe azzurro (si, sempre lui) avventurasi a capofitto verso l'ennesima delusione. E cos'altro? Avventurieri, casi senza speranza, ninfomani, venditrici di sesso, persone regolarmente coniugate, ragazzini che si spacciano per adulti e....potrei continuare all'infinito.  Immagino i tuoi occhi sgranati che mi chiedono 'Nientemeno? C'è tutto questo nei social?' Si, ti rispondo e tanto di più ma....attenzione, ci sono anche persone normali, persone perbene e addirittura belle persone.
Se qualcuno insiste a voler rimanere nel virtuale e a non manifestarsi, di solito un motivo c'è...allora lascia perdere. 
Il profilo deve rispecchiare quello che sei. Se metti foto finte, titoli fasulli, se ti dipingi per quello che non sei, prima o poi verrai smascherato. Un profilo troppo pieno di te non va bene. Uno troppo chiuso e segreto, neanche. Usa eleganza e sobrietà.
Quando qualcuno ti chiede l'amicizia, prima di accettare fai un controllino. Vai nel suo profilo e guarda i suoi amici. Se ha 400 amiche, di cui parecchie scollacciate...mi sembra chiaro cosa sta cercando. Se ha solo 12 amici....come mai vuole proprio te come amico?  Cosa scrive? E' ossessionato dalla politica? Scrive solo cavolate? Insomma cerca di farti un'idea della persona. Ha solo una foto? Non ha foto? 
Se dopo una prima indagine ti sembra una persona 'accettabile', clikka sì sulla richiesta e poi salutalo/a, scrivi qualcosa sul suo profilo. Se c'è qualche suo post interessante, commenta. Insomma questi social sono fatti per interagire e non per parcheggiarsi.
Un'altra cosa importante. Evita pettegolezzi, maldicenze e roba varia. Come in una piazza, le voci circolano e si viene a sapere tutto. Ci faresti una pessima figura. Una volta che ti sei 'sputtanato' sarà molto difficile ricostruirti un'immagine.
Cerca di organizzare qualcosa e invitare le persone che ti stanno simpatiche e a tua volta cerca di partecipare a qualche evento. Come nel reale, conoscerai tanta gente ma saranno pochi quelli con cui stringerai un'amicizia.
Se proprio intrecci una relazione con un Facebookiano, io eviterei di metterla in pubblico con tanto di status. E' terribile leggere quel 'Maria è impegnata con Giacomo G.'..dopo due settimane 'Maria è single'....Due mesi dopo 'Maria è impegnata con Franco F'. Bhè non ci fai una bella figura.
Evita di fare il professorino, il profeta, il fantastico, insomma di metterti sul piedistallo...soprattutto evita di sputar sentenze e sparlare di altri o peggio, i litigi in diretta. Ricorda che in questi social sei sotto osservazione continua.  
Evita anche, se hai un business, le gelosie professionali e di denigrare i tuoi 'colleghi' a meno che tu non sappia per certo che il tizio in questione sia un imbroglione e vuoi mettere in guardia qualcuno. Evita anche il supermartellamento coi tuoi eventi.
Non passare ore dietro uno schermo ma utilizza questi mezzi con intelligenza. 
Non restare intrappolato nel virtuale perche quando spegni il pc sarai di nuovo da solo.